CANTALUPO IN SABINA

Info utili
Comune: Piazza Capizucchi 1,.......................0765 411021
Pro Loco: facebook.com/proloco.poggiocatino
Poste: Piazza Indipendenza.....................0765 411616
Parroco: Don Quintilio Bonapace............389 6426137
Carabinieri: Sezione Poggio Mirteto............0765 338500
Ambulatorio: via Roma.........................................0765 411176
Farmacia: via Roma.........................................075 6411219
Dove Dormire
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L'ambito territoriale su cui sorge l'odierno abitato era conosciuto e sfruttato già al tempo dei Romani che, come del resto nell'intera regione sabina, edificarono nei dintorni residenze campestri.
L'origine del paese quale entità territoriale unitaria e distinta può, invece, essere fatta risalire al tardo VII secolo D.C., quando alcune Faraelongobarde, deviando la loro marcia verso la Sabina, diedero origine a molti dei borghi oggi presenti nella zona, fra cui il primo insediamento urbano ai margini di quel "catino" naturale alla base del monte Tancia da cui l'odierno l'agglomerato mutuò il suo nome.
L'angusto spazio edificabile nei pressi del Catino determinò, successivamente, l'inizio del popolamento del vicino colle Moricone, con la conseguente nascita del nuovo borgo, conosciuto in seguito come Poggio Catino. Il processo di edificazione del nuovo borgo può dirsi compiuto in epoca antecedente al 1093, data in cui risulta già annotata, nei registri dell'Abbazia di Farfa, l'esistenza e la consistenza del nuovo Castrum.
Entrambi i castra, quello di Catino e di Poggio Catino risultano in questo periodo appartenenti ai domini della potente Abbazia di Farfa che, del resto, regge le sorti dell'intera Sabina e di altre importanti regioni del centro Italia. Nel corso del XII secolo, sulla base del movimento che coinvolse l'intera Penisola, anche i borghi di Catino e Poggio Catino finirono col costituirsi in liberi Comuni. Successivamente, e per tutto il Medioevo, l'odierno paese conobbe numerosi Signori, riscontrandosi frequenti scambi del feudo di Catino e Poggio Catino fra le potenti famiglie romane e non quali i Conti di S. Eustachio, gli Orsini, i Savelli, i Capizucchi.
Sotto la Signoria dei Capizucchi il feudo venne elevato alla dignità di Marchesato ad opera di Papa Clemente VIII. Infine, nel 1614 il feudo di Catino e Poggio Catino venne acquistato dalla famiglia Olgiati, che lo detenne fino al 1816 quando, dopo che il territorio ebbe conosciuto tutte le vicissitudini della dominazione francese e della restaurazione, Giovanni Olgiati rinunciò ai propri diritti di giurisdizione. L'unificazione in una unica entità dei due borghi si avrà , almeno formalmente, solamente con l'annessione del territorio al Regno d'Italia, nel cui quadro amministrativo il Comune verrà inquadrato dapprima nella provincia amministrativa di Perugia e, in seguito alla sua creazione nel 1923, a quella di Rieti.



Storia
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Cosa vedere a Poggio Catino
Torre Longobarda (Catino)
Facilmente raggiungibile percorrendo a piedi il piccolo borgo di Catino.
L’antica Torre Longobarda, situata sulla collina del Moricone, nel territorio della Sabina, costituiva, insieme alla rocca, il nucleo fortificato di Poggio Catino.
Costruita come presidio della via Tancia, la strada alternativa alla Salaria, che collegava la Sabina a Rieti, la splendida torre ancora conserva la sua originale pianta pentagonale, intorno alla quale vennero costruiti degli edifici civili. La torre, alta più di 20 m, è ancora ben conservata, così come sono ben conservati i due torrioni d’angolo e ancora oggi controlla dall’alto l’intero paese di Poggio Catino e i dintorni del territorio catinese.
Scendendo dalla Torre Longobarda si incontrano altri monumenti d’interesse come la duecentesca Chiesa di Santa Maria dei Nobili, la seicentesca Cappella di Santa Caterina e la Chiesa di Sant’Agostino, risalente al IX secolo.
Grotte di San Michele
Da Poggio Catino prendere la strada che sale per la montagna in direzione Rieti. Dopo ca. 15 minuti la strada attraversa un ponte, in corrispondenza del quale c'è un piccolo parcheggio. Da qui parte il sentiero che, dopo ca. 15-20 minuti di cammino, porta alla Grotta di San Michele.
La Grotta di San Michele è un piccolo santuario rupestre ricavato in una grotta, ed è circondato dai boschi del Monte Tancia. Si pensa che originariamente la grotta fu un luogo dedito alla dea Vacuna, divinità Sabina delle acque e dei boschi, lo testimonia una figura femminile scolpita in una stalattite, scomparsa da 25 anni. La cristianizzazione della grotta è strettamente collegata ad una leggenda, che racconta come, nel IV secolo d.C., la zona venne devastata da un drago il quale trovò rifiugio nella grotta. Papa Silvestro, pregando una notte sul Monte Soratte, vide due angeli accompagnati da fulmini scendere dal cielo per sconfiggere il drago. L'otto maggio si recò alla grotta con una folla di fedeli e la consacrò a S. Michele. Nei secoli seguenti sorse intorno alla grotta un monastero, andato poi distrutto.
Guarda su www.youtube.com/watch?v=AGhWdiT44-Q
Triplice Cinta: Tre quadrati concentrici collegati da linee centrali, a mò di croce: ecco la Triplice Cinta, simbolo importantissimo e incredibilmente scambiato dagli archeologi come un gioco. La valenza della Triplice Cinta non è ludica ma simbolica: quello che gli archeologi volutamente ignorano è che si tratta di un segnale indicatore, una traccia lasciata da iniziati per indicare un luogo dove sono presenti energie telluriche. In pratica in questi posti il magnetismo terrestre è particolarmente forte e avvertibile dal corpo umano, spesso ci si può rendere conto della sua presenza attraverso una bussola (l'ago devia dalla direzione consueta). Spesso in passato le Triplici Cinte vedevano la presenza di templi importanti con questa forma, sostituiti in epoche successive da chiese cristiane. L'origine della forma secondo alcuni studiosi del mistero è da attribuirsi alla pianta della città di Atlantide descritta da Platone nel Timeo: una serie di tre cerchi d'acqua concentrici uniti da canali a croce. ù
Lo Scheletro di Poggio Catino: in questo Comune, nel 1933, venne ritrovato, all'interno di un torrione crollato di un palazzo baronale uno scheletro. Lo scheletro, ben conservato, è stato poi portato al museo perché incatenato e testimonianza preziosa di una condanna dei secoli scorsi. E da allora cominciarono gli studi su a chi appartenessero quelle ossa, in quale periodo avesse vissuto. Ancora oggi, informazioni definitive non ci sono, ma la storia è stata ricostruita. E' stato accertato, infatti, che lo scheletro è quello di una donna, di circa trent'anni, vissuta nel 1500. Colui che rinvenne le ossa raccontò che lo scheletro era all'interno di un'antica cella, sotto le macerie, steso a terra, con le braccia intorno alle gambe ripiegate, con ceppi ai polsi e alle caviglie. I dati certi si chiudono con la certezza che la donna subì una morte orribile, forse condannata a restare in cella, senza cibo nè acqua. E le notizie si incrociano con leggende e racconti popolari. Una di questa afferma che la donna sarebbe stata presa in ostaggio dagli Orsini che conquistarono la fortezza nel XVI secolo. Un'altra versione vuole che la giovane fosse una castellana, compagna di Geppo Colonna, signore di Poggio Catino. Ma la donna si innamorò di un altro castellano e, per vendetta, Geppo la fece rinchiudere nella prigione, dove morì di inedia. Quale che sia la provenienza, a distanza di seicento anni, lo scheletro nelle catene è una toccante testimonianza dell'epoca.
Leggenda di San Silvestro: si tramanda che il miracolo più importante del Santo Protettore,divenuto Pontefice, fosse quello della vittoria sul drago della caverna che seminava ogni giorno la morte fra la gente del luogo: il drago (che viveva in una caverna alla quale si accedeva percorrendo 365 scalini,tanti quanti sono i giorni dell'anno) rappresentava il paganesimo ed i 365 gradini l'anno Romano che San Silvestro consacrò a Dio,uccidendo il mostro.